venerdì 6 agosto 2010

art a part of cult(ure) intervista I. Borghese




Un racconto-reportage su uno degli eventi che stanno modificando il mondo del lavoro in Italia: la protesta dei
precari dell’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, che, alla fine del 2009, sono saliti sul tetto del loro Istituto nel tentativo di bloccare 250 licenziamenti dopo i duecento già portati a termine e i tagli previsti per la ricerca ambientale.
“Sovvertire il diluvio“ pubblicato da 18:30 edizioni nella collana Microlit, è il libro che narra tutto questo.
L’autrice, Isabella Borghese, che ha trascorso tempo e condiviso pensieri con i precari, parla del loro coraggio, della loro determinazione, della loro protesta. Racconta una giornata tipo delle cinquantanove trascorse sul tetto dell’Ispra. Un racconto che rende l’immagine di una generazione di lavoratori: la loro quotidianita’, le tende per dormire, il cibo da spartire, le assemblee a cui partecipare, ma soprattutto mette in luce il disinteresse di una repubblica fondata sul lavoro proprio nei confronti dei lavoratori.
I precari dell’Ispra attendono ancora e fra incontri, tavoli e proposte disattese, ma con la loro storia, con il loro “diluvio” hanno dato voce a tutti i lavoratori a rischio d’Italia.
Ne parliamo con Isabella Borghese.
Di tutte le azioni che negli ultimi tempi i lavoratori precari o a rischio hanno portato avanti per difendere il lavoro e la dignità, perchè proprio l’ISPRA?
Conosco molti precari dell’ISPRA. Sono stata a trovarli sul tetto e quel giorno ho pensato di dar voce, con il mio progetto e i miei canali, alla loro protesta.

Racconta come è nato il progetto di questo libro.
Sovvertire il diluvio ha avuto origine grazie alla conoscenza di alcuni precari. Questo è stato chiaramente l’input iniziale considerando che è da più di un anno che seguivi le loro proteste. Tra le altre cose la condizione di precariato come hai già accennato tu ad ampio raggio coinvolge moltissimi settori. E questo è stato il secondo elemento importante, motore del progetto.

Da quale motivazione (o emozione) sei partita per scriverlo?
Dall’affetto, dalla solidarietà, ma anche il coraggio e la determinazione che hanno sostenuto i precari lassù, in ogni momento dell’occupazione.

Cosa hai provato trattando un argomento con così tanti risvolti, e così strettamente legato al controllo sull’ambiente?
Io seguo l’attività di alcuni amici dell’Ispra quotidianamente e ogni tanto da vicino. Sono capitata spesso nei loro laboratori, sono a conoscenza delle loro missioni, chiaramente l’aspetto principale a toccarmi è credere che si possa fare a meno della ricerca e della protezione ambientale, o comunque ridurla nettamente, in un periodo in cui, tra l’altro le condizioni climatiche e i cambiamenti sembrano tutt’altro che di poco conto.

Come è stato accolto dai precari-protagonisti?
Con entusiasmo, curiosità. E anche con gratitudine per aver dato voce alla loro protesta. E direi anche con entusiasmo. Stiamo collaborando molto insieme.

Cosa resta di quei giorni sul tetto? Le trattative stanno portando a qualcosa di concreto?
Proprio il 13 luglio ero con loro al ministero dell’ambiente. Si sono riuniti per consegnare le firme della petizione (circa 4500) a Nicotra e avere e chiedere chiarimenti sui concorsi. Molti di loro tra le altre cose hanno i contratti in scadenza di nuovo a dicembre.

Cosa pensi della situazione del mondo del lavoro ed in particolare di questo comparto (ricerca pubblica e controllo ambientale)? Credi ci sia un progetto politico per eliminare la chiarezza e l’efficienza in alcuni settori?
Credo che sia un momento difficilissimo in Italia per chi vuole lavorare e mantenersi con stabilità e non da precari; e la difficoltà forse più grande sta anche nella consapevolezza che la nostra generazione (trentenni) viene da famiglie per cui il problema della disoccupazione non era così quotidiano e omogeneo. Il settore della ricerca in Italia non è come all’estero… francamente credo che i giovani siano sempre più spinti e invogliati ad andare via dall’Italia e questo non bisognerebbe permetterlo.

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