sabato 31 dicembre 2011
Liberazione: i lavoratori non mollano. Luce accesa su di loro.
Credevo fosse buffo se non addirittura grottesco il ruolo di chi si sente parte integrante e attiva di una realtà lavorativa, di un giornale che mette in piedi una battaglia necessaria per “non essere sospeso e uscire dalle edicole”, di un’occupazione viva e partecipata, quando però si è dentro a tutto questo da semplice collaboratore volontario da due anni, pur auspicando – logicamente - ad altra condizione lavorativa.
Perché grottesco? Tutti, giornalisti e poligrafici, lottano per non perdere il posto di lavoro, per denunciare quanto sia impossibile anche solo credere che “il proprio” giornale possa chiudere e al margine c’è poi chi si sente stretto in questa realtà, quasi una voce fuori dal coro. Sentirsi stretto significa non capire se sia giusto riconoscersi in una lotta avendo la consapevolezza di una condizione differente da quella degli altri o interrogarsi e supporre di dover restare un osservatore perché quello che si sta perdendo (forse!, la speranza resiste con energia) è solo “uno spazio sul cartaceo, un luogo fatto di carta in cui scrivere”.
C’è un’altra questione che poi prevale su tutto e vince: è sufficiente elaborare altre logiche di pensiero e dirsi che con la sospensione e forse conseguente chiusura di un giornale si sta mettendo in discussione tempo prezioso da dedicare alle lotte degli altri, alla solidarietà che spesso questo lavoro, non per professione ma per semplice umanità, spinge a maturare verso le realtà che si incontrano. In questo preciso momento non è più possibile neanche ipotizzare di sentirsi fuori e/o ai margini di una lotta. Se la differenza sono solo i soldi e il posto di lavoro non è questa una giustificazione in cui riesco a riconoscermi. Ecco qui che quel “credevo fosse buffo” non ha più alcuna ragione di ammissione.
L’esigenza di poter continuare a dare voce a quelle degli altri o a pensare di consigliare i libri che reputo più meritevoli diventa l’unica vera forza che mi fa sentire dentro la lotta che pensavo dovesse essere solo degli altri.
Liberazione, oggi, è al quarto giorno della sua occupazione aperta, in via del Policlinico, 131, pronta ad accogliere lavoratori, compagni, colleghi di lavoro, chiunque voglia avvicinarsi e “tenere accese le luci sul giornale”, così come ieri Roberta Ronconi, durante la conferenza stampa, ha tenuto a precisare in una vera esortazione. Dal primo gennaio su decisione dell’editore di Liberazione, Mrc, saranno sospese le pubblicazioni del giornale, saranno quindi interrotti i precedenti accordi sindacali e tutti i dipendenti del giornale sono destinati alla cassa di integrazione a zero ore. Questo è emerso, non ultimo, il 27 novembre come “decisone irrevocabile”, un vero dictat di Mrc. 50 lavoratori tra giornalisti e poligrafici oggi restano senza futuro. Che fine faranno? Cosa accadrà all’informazione di opposizione se perderà voci come Liberazione? Quali e quante realtà come Liberazione sono a rischio e secondo quali logiche? Quali e quante forze possiamo impiegare per salvare Liberazione da questa possibile chiusura? Dal primo gennaio i lavoratori di Liberazione saranno in ferie forzate. “Ferie fantasma” aggiungerei, dal momento che il direttore Dino Greco e i lavoratori parlano chiaro: “Faremo le ferie al lavoro perché comunque Liberazione lo continueremo a portare avanti”. Questo è già un punto certo. Cosa accadrà a Liberazione? Questo è poco chiaro, invece. Si parla di proseguire con l’online o di un probabile settimanale e questo non fa sorridere: l’online non è “merce” per tutti. Numerosi compagni e lettori di Liberazione appartengono a generazioni che hanno poco a che fare con il computer. Relegare Liberazione all’online significa dunque scontrarsi con una realtà dura e un passo indietro spaventoso, inammissibile: perdere lettori. Gravissimo danno. Il Cdr mentre esprime entusiasmo per il messaggio di solidarietà per i lavoratori, ricevuto da Paolo Ferrero, segretario nazionale di Prc, manifesta tutta la sua preoccupazione: “Occorre riaprire il tavolo delle trattative, sì, il governo Monti inoltre – afferma Carla Cotti (Cdr) – deve far sapere quanto intende mettere a disposizione del fondo Letta ed è altrettanto indispensabile una maggiore trasparenza nell’assegnazione dei fondi dell’editoria”.
Si parla di 30 testate a rischio oggi, ma entro fine 2012 diventeranno 100. Non c’è più da aspettare dunque, ma solo da scegliere nella trasparenza necessaria e a ragione: se i tagli devono minacciare la vita di giornali è bene che venga fatta una ricerca adeguata e si tolgano i fondi a chi li riceve solo per sfruttare in nero i collaboratori e per usufruire dei soldi ricevuti. “Noi del Cdr – dichiara Carla Cotti – abbiamo le nostre proposte per la continuità di Liberazione: la riduzione del cartaceo è una e significa andare incontro ad ulteriori sacrifici, un’altra da valutare è l’aumento temporaneo del costo del giornale. Siamo qui in occupazione, per continuare a lavorare su Liberazione, sull’online e restiamo in attesa di un confronto sindacale. Purtroppo l’editore prima ancora di sedersi al tavolo sindacale aveva già chiuso i contratti per stampa e distribuzione”.
Dino Greco ha annullato le sue ferie e anche lui le passerà in redazione per portare avanti il giornale ( l’online e in pdf il cartaceo) fermo restando che così come nei suoi editoriali di questi giorni continua a parlare di sottoscrizioni popolari e con fermezza “Sì, certo bisogna riaprire la trattativa – dichiara in conferenza – dobbiamo avere numeri concreti, dobbiamo sapere quanto sarà messo a disposizione del fondo letta. Non ci bastano più le parole”. La situazione è drammatica, intricata, spaventa ma non demoralizza i redattori e i poligrafici che, con l’apertura della vertenza, restano in occupazione forti di voler proseguire e spinti e sostenuti da numerosi messaggi di solidarietà che arrivano dalle diverse realtà che circondano la redazione. Pier Francesco Favino si è affacciato ieri in conferenza dichiarando piena solidarietà a questa battaglia e augurandosi che non debba essere l’inizio di una lunga serie. Dopo Liberazione, infatti, a temere il peggio è il manifesto, che nella persona di Benedetto Vecchi ha espresso anche lui totale solidarietà per i lavoratori di Liberazione, “Va fatto un ordine generale nel settore editoriale – ha spiegato - lottare per il pluralismo e la libertà stampa ché altrimenti restano parola vuote; siamo i fratelli di Liberazione, questo significa la nostra totale disponibilità a sostenervi e a permettervi di continuare ad essere in edicola avendo una nostra pagina a disposizione; è necessario, tuttavia, il consenso di tutti i lavoratori e la riapertura delle trattative”. La questione edicola è un’altra parentesi perniciosa, un danno gravissimo perché se è facile per un giornale uscire dalle edicole è difficilissimo poterci rientrare. Non sono giornate facili, un fine anno teso e complicato per Liberazione, “Questo del pluralismo e della libertà di stampa – dichiara Roberto Natale, FNSI e rappresentante del Comitato per la libertà e il diritto all’informazione – è un problema strutturale della nostra fragile democrazia anche dopo il berlusconismo. Chi fa sindacato non può avere colori, questa trattativa va riaperta e oggi sono qui anche per annunciare l’insediamento-solidarietà del Comitato all’interno dell’occupazione”.
Non è poi mancata la presenza dell’ex direttore di Liberazione, Lucio Manisco, di edicolanti e insegnanti precari. La solidarietà di Giammario Giglio, direttore di Confronti, “Sono perplesso per questa situazione, – ammette - per la sospensione. I lettori sono il punto di forza di un giornale. Il web non è sufficiente, questo dev’essere chiaro a tutti”.
Oggi è il 31 dicembre. L’ultima uscita di Liberazione secondo quanto detto è in edicola. Questa notte “occupyLiberazione” invita tutti in redazione a partecipare alla “veglia”, dalle 22:00 in poi. Date necessarie da attendere: il 15 gennaio, quando tutti sapremo che valore hanno le parole di Monti, questi fondi in che modo saranno gestiti e soprattutto a quanto ammontano”. Non ci resta che aspettare e lottare con Liberazione e tutte le testate a rischio che devono continuare a esistere per il pluralismo e il diritto all’informazione libera.
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